
«Sono passati ormai centinaia e migliaia di anni…». Potrebbe essere l’inizio di una fiaba. Invece è l’inizio della storia del Natale. Quella vera, incominciata – se così si può dire – in Palestina due millenni fa. A questa si intessono infinite storie. Anche quella di Alcide De Gasperi, autore delle parole in apertura. E di un regalo per “Mana”..
È il Natale del 1927. De Gasperi scrive, la moglie Francesca legge e la giovanissima figlia Maria Romana – ha allora appena quattro anni – ascolta. Lucia, che poi sarà religiosa delle Suore dell’Assunzione, ha due anni. Cecilia e Paola sono ancora di là da venire. Per la famiglia è un Natale di preoccupazione e lontananza. De Gasperi è prima rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, a Roma, fermato dalla polizia per le sue idee antifasciste, e poi nella clinica dove viene trasferito in ragione della salute precaria. Porta aperta e guardia all’esterno. «Io non posso immaginare Sella (nel natio Trentino, ndr) che nel sole e rivedere i miei quarzi scintillanti nell’acqua d’argento laggiù nell’opaca valletta dell’orso, come l’oro dei Nibelunghi nel fondo del Reno, smarrirmi solo e libero nel silenzio del bosco, re immaginario di un immaginario regno, poi salire alla superficie verde ed ondeggiante come un lago, scorgendo di lontano quali due corolle vive… i due fiori delle mie bambine», scrive De Gasperi. Mentre sulla parete della cella, con uno spillo, annota e geme: Beati qui lugent quoniam ipsi consolabuntur. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Alcide De Gasperi, storia e Vangelo. De Gasperi il politico, e fra i pochi ai quali applicare
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